Se fossi in me

Se fossi in me ti chiamerei adesso, al diavolo le convenzioni, i tabulati telefonici, gli scorni del contorno, le condizioni in cui, i meglio di no, i non si fa, i non sta bene, i che direbbe tua madre; al diavolo tutte le donne che ti stanno intorno, tutte le donne che hai voluto, che vuoi, che vorrai, tutte le donne che io non sono stata, non sono, non sarò mai e poi mai; se fossi in me ti cercherei adesso, al diavolo il tuo malocarattere, la tua malaluna ogni mattina, la malasorte che discende dal malumore di essere sempre troppo lontana, il malamore per questa malaterra; al diavolo la coscienza che non possiedi, la speranza che hai perso in partenza, la tappezzeria dell’auto sporca di melma e marmellata; al diavolo le tue dita, i tuoi denti, i tuoi occhiali, le tue braccia, al diavolo soprattutto le tue braccia che sono mesi che provo a uscirne ma sono lì, non mi vedi?, c’è sempre una fessa ancora impigliata; al diavolo le tue gambe, il tuo mistero, le tue anche, le tue anse; al diavolo il dovere culturale, il dovere sociale, il dovere intellettuale, il dovere femminile, il dovere morale, il dovere dovere, il dovere minimo e indispensabile, il rumore verbale quando mi parli e ridi e parli e ridi e parli e parli e mi ridi;

se fossi in me ti chiamerei adesso, al diavolo tu, te stesso, te stesso medesimo tu, tu tutto tu, tu solo tu, tu sempre e soltanto tu, tu ancora tu, tu fottutamente tu, tu disperatamente tu, tu;

al diavolo decrittare ogni tuo verbo, incrittare ogni mia emozione;

al diavolo mandarti al diavolo, al diavolo il tuo profilo profilato distratto di uomo individuale soggettivo monologante ad uso proprio ed esclusivo, tu che non sei niente niente niente, e non hai niente di niente di niente, se fossi in me ti chiamerei adesso e ti direi che mi manchi, mi manchi, mi manchi, mi manchi, mi manchi, mi manchi.

Foto: Una foto, sine nomine, che ho scattato una sera d’estate del 2014.

Angela Spoto